Due istituzioni di garanzia operano in Italia come “anatre zoppe”, senza più essere nella pienezza dei loro poteri. Sono l’Autorità per le Comunicazioni, arbitro della tv, della telefonia e della par condicio elettorale; e poi anche il Garante della Privacy. Il presidente e i tre componenti del Garante della Privacy hanno concluso il mandato di 7 anni il 19 giugno 2019, oltre sei mesi fa. E resteranno in carica fino al 31 dicembre soltanto grazie a un decreto di proroga (del 7 agosto) che peraltro ne ha ridotto il campo di azione. Possono gestire la sola ordinaria amministrazione e prendere decisioni solo se «urgenti e indifferibili».
La stessa Autorità per le Comunicazioni – il cui mandato è finito il 24 luglio – è nel mezzo di una proroga infinita.
Questa condizione di proroga senza poteri, che allarma la Presidenza della Repubblica, è destinata a continuare fino al 30 marzo del 2020. Il governo infatti userà il decreto Milleproroghe – approvato a fatica dal Consiglio dei ministri del 21 dicembre – per tenere in carica i vertici ormai scaduti dei due organi di garanzia.
Questo, in attesa di un accordo politico fra i partiti sui nomi dei successori. La Presidenza del Consiglio ha fatto sapere all’Autorità per le Comunicazioni che il Milleproroghe sarà in Gazzetta Ufficiale, e acquisirà dunque valore di legge, sabato 28 dicembre.